“I Maya fuggirono in Georgia. Ecco la loro città segreta”

La Stampa TuttoScienze 1.2.12
“I Maya fuggirono in Georgia. Ecco la loro città segreta”
L’archeologo Thornton: ho trovato qui la Yupaha della leggenda
di Luigi Grassia

Svaniti I centri più importanti della civiltà centroamericana dei Maya sono stati abbandonati durante il IX secolo d. C. Il motivo resta ancora controverso: epidemie? Carestie? Guerre? I reperti Una ricerca sistematica condotta in Georgia ha identificato con certezza centinaia di tumuli di varie dimensioni: sarebbero stati realizzati dai Maya La leggenda Il sito potrebbe corrispondere alla mitica città di Yupaha che Hernando de Soto non riuscì a trovare nel 1540 quando attraversò il Rio Grande e viaggiò in lungo e in largo nel territorio meridionale degli attuali Usa Punto panoramico Brasstown Bald è la località più elevata della Georgia e si trova all’estremo Nord dello Stato: lì ci vivevano in antico i Cherokee e c’è chi crede che vi siano arrivati anche i Maya
Se gli antichi testi dei Maya al giorno d’oggi ci sembrano piuttosto autorevoli nella loro profezia di fine del mondo (o qualcosa di simile) entro il 2012, è anche perché loro, i Maya, di catastrofi se ne intendevano eccome, avendone sperimentata qualcuna (forse più d’una) sulla loro pelle. I centri più importanti della civiltà centro-americana dei Maya sono stati abbandonati durante il IX secolo dopo Cristo e di sicuro, da quelle parti, in quel torno di tempo, dev’essere successo qualcosa di molto brutto, per quanto nessuno di noi oggi sappia esattamente che cosa.
Epidemie? Carestie? Guerre? Non ci sono prove sicure a suffragare alcuna ipotesi. E che fine hanno fatto gli abitanti originari dopo la misteriosa catastrofe? Tanto per cominciare, non è detto che siano davvero «finiti» nel senso letterale del termine. La civiltà dei Maya non è scomparsa del tutto: alcuni centri hanno continuato a prosperare fino all’arrivo dei Conquistadores spagnoli. E adesso nella zona di antico insediamento vivono delle popolazioni indie che oltre allo spagnolo parlano anche dialetti di ceppo maya come lingua madre; è ragionevole arguire che questa gente sia imparentata con gli antichi Maya delle piramidi, però niente ci garantisce che si tratti proprio dei discendenti diretti di coloro che nel nono secolo abbandonarono le più grandi città. Forse quegli specifici Maya, che erano i più evoluti, sono stati sterminati e non hanno lasciato eredi. O può darsi che per sfuggire a un oscuro pericolo siano scappati via. Dove? Forse nelle foreste, in mezzo ai giaguari. O forse più lontano. Chissà, molto più lontano.
Un paio di studiosi credono di aver trovato tracce di transfughi maya, particolarmente ardimentosi, addirittura nella lontanissima Georgia (lo Stato degli Usa con capitale Atlanta, per intenderci, quello di Rossella O’Hara e di «Via col vento»), migliaia di chilometri più a Nord delle terre di origine dei Maya. Al principio degli Anni 90 un ingegnere locale di nome Carey Waldrip, girando per i boschi della zona di Brasstown Bald, si è imbattuto in alcuni tumuli di pietra e in terrazzamenti di origine sconosciuta. In seguito è stata fatta una ricerca sistematica, che ha identificato con certezza 300 di questi manufatti umani, più altri 200 deteriorati. Adesso un architetto e urbanista di nome Richard Thornton, che si è specializzato in archeologia al Museo Nacional de Antropologia di Città del Messico, ha comunicato al mondo, tramite la rivista online Examiner. com, che quelle misteriose costruzioni rivelano la mano degli antichi Maya, e sono coeve del disastro a cui andò incontro quella civiltà.
Thornton, per quanto biondo, è un pellerossa della tribù Creek, e ha studiato in Messico con il professor Roman Pina-Chan, che è di origine maya. I due hanno individuato nella toponomastica della zona di Brasstown Bald alcune assonanze coi dialetti maya; fra l’altro, i Creek chiamavano una certa località Itstate, che nella radice è simile a Itza, il nome con cui i Maya definivano se stessi.
Queste similitudini fonetiche si associano con le analogie delle tecniche costruttive; Thornton si spinge a dire che «il sito ritrovato in Georgia potrebbe corrispondere alla mitica città maya di Yupaha, che Hernando de Soto non riuscì a trovare nel 1540». Il riferimento è alla spedizione di un famoso conquistador spagnolo, che attraversò il Rio Grande e viaggiò in lungo e in largo nel territorio meridionale degli attuali Stati Uniti.
Che dire? L’archeologo Mark William dell’università della Georgia smentisce seccamente Thornton: «Non c’è alcuna prova dei presenza dei Maya in Georgia». Un altro, Johannes Loubser, dice che «questi siti appartengono a nativi americani della Georgia preistorica. Probabilmente li hanno realizzati gli antenati della tribù Cherokee».
Prudenza. A noi profani i mucchi di pietre della Georgia mostrano pochissima somiglianza con le piramidi dei Maya. Ma vediamo che succede.

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