statue-stele di Lunigiana

statue-stele di Lunigiana

I Liguri e gli Apuania avevano sviluppato anche un ricco patrimonio magico-religioso che ebbe la sua manifestazione più clamorosa nelle famose statue-stele di Lunigiana (nell’attuale provincia di Massa-Carrara). Si tratta di una delle maggiori concentrazioni di Menhir in Europa (dal basso bretone men hir = pietra lunga). Le statue stele sono sculture a carattere antropomorfo eseguite su monoliti di pietra; rappresentano figure femminili e, soprattutto, maschili quasi tutte in armi. Caratteristica di molte è la testa a forma di “cappello di carabiniere”. 
La loro datazione copre un periodo assai lungo: dalle più antiche risalenti al III millennio aC alle più recenti del III secolo aC; queste ultime sono anche quelle che presentano una maggior rifinitura. Ne sono state finora rinvenute circa sessanta, sparse in tutta la Lunigiana. 
Si calcola che molte    di più siano state distrutte dai preti come idoli pagani o usate come pietre da costruzione da ignari contadini. 
Le figure femminili, forse eredità culturale di quelle antichissime popolazioni con cui i Liguri indoeuropei si fusero in un processo di assimilazione religiosa piuttosto comune nell’antichità pagana. È interessante notare su tre statue la presenza di iscrizioni in caratteri alfabetici nord-etruschi per le quali però gli specialisti - dopo aver escluso che si tratti di termini etruschi - ondeggiano fra interpretazioni etimologiche di origine celtica (o celto-ligure) e paleoligure. Molte delle figure maschili più recenti sono caratterizzate da armamenti tipici della cultura di Hallstatt.
Si ritrovano in particolare pugnali, asce (su modello delle “cateie” celtiche) e giavellotti portati a due a due, proprio come i “bina gaesa” ricordati da Virgilio in occasione dell’invasione dei Galli nel Lazio. Infine in alcune statue “... si nota sul tronco un triangolo che vuol rappresentare un perizoma.
Segni di un culto della pietra remotissimo e mai venuto meno, nonostante sovrapposizioni etniche e vicissitudini varie, le statue-stele furono utilizzate come “delimitatori” magici di aree sacrali (con funzione anche di divinità tutelari che dà loro la forma vagamente fallica, simbolo di forza e fecondità spirituale e fisica). Tali aree erano consacrate, ad esempio, a favorire la ricchezza di selvaggina e la conseguente attività di caccia oppure allo svolgimento di riti tribali di iniziazione, di fertilità o di guerra (ancora Livio nella sua Storia di Roma, ci informa che le spedizioni militari dei Liguri erano precedute da un giuramento sacro). Le statue-stele servivano forse anche per segnare zone-tabù dove si volevano imprigionare forze pericolose e terribili sul tipo di quelle che potevano essere emanate da una zona di sepoltura. Si trattava in ogni caso di simboli indubbi di un fortissimo senso magico-religioso della vita, di spie di una convinzione dell’esistenza di forze sovrumane e invisibili che avvolgono il mondo e ne permeano ogni aspetto essendo presenti in ogni cosa. Tali forze dovevano essere controllate e dirette in senso favorevole alla tribù attraverso tutta una serie di rituali, sacrifici e simboli, di autentiche tecniche sacre per vivere in armonia con le potenze del mondo che le aspre e severe montagne circostanti dovettero personificare agli occhi dei fieri Apuani.

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