I Fenici e la porpora
I Fenici e la porpora
Tra gli apprezzati prodotti
dell'artigianato fenicio, i più famosi erano forse le stoffe tinte in color
rosso porpora. I Fenici avevano raggiunto una notevole perizia nell'arte della
tintura, e i tessuti così tinti erano apprezzati a tal punto da divenire indice
di ricchezza e raffinatezza. L'industria della porpora ebbe una tale importanza
economica e storica, che con il colore del prodotto (phoinix=rosso) si
connotò il nome stesso dei Fenici. Era una attività rivolta alla tintura
indelebile, e perciò pregiata, di stoffe di lana o lino, che utilizzava un
pigmento ottenuto da molluschi del genere murex, reperibili nei bassi
fondali delle coste del Mediterraneo.
La città di Tiro primeggiava in questa
attività: come ricorda Plinio il Vecchio "A Tiro si trova la migliore
porpora dell'Asia". La scoperta della porpora era narrata da un mito.
Melquart (equivalente al greco Eracle), fondatore e dio della città di Tiro,
inventò questo procedimento di tintura per fare un dono ad una ninfa di nome
Tiro. Essa, durante una passeggiata lungo la spiaggia aveva ammirato il colore
sprigionato dal succo di un mollusco e aveva rifiutato la proprie grazie al dio
fino a quando non le avesse fatto dono di una veste di quel colore. Ma come si
arrivava al pigmento per tingere le stoffe? Le modalità di lavorazione erano le
seguenti. Dopo avere pescato i molluschi, forse con nasse, questi venivano
messi in ampie vasche; infrante le conchiglie che ricoprivano i molluschi, essi
subivano in processo di macerazione, durante il quale si otteneva il pigmento.
A questo punto si diluiva il colore con acqua di mare, a seconda dell'intensità
della gradazione desiderata, dal rosso cupo al violetto.
Gli scavi hanno messo
alla luce, alla periferia di centri urbani fenici, enormi cumuli di gusci
infranti, i resti della lavorazione della porpora, che avveniva fuori degli
abitati per il cattivo odore emanato dal prodotto durante le prime fasi della
lavorazione. Per tutto il mondo classico la porpora e le stoffe così tinte
rimasero connesse con l'immagine del lusso e del potere civile e religioso, di
cui furono il simbolo. Nella prima età imperiale romana la porpora, anche per i
suoi altissimi prezzi, era riservata agli imperatori, ai senatori e ai sacerdoti.
Il suo fascino rimase intatto per secoli, fino alle ultime fasi del mondo
antico quando ormai era riservata solo all'imperatore e alla sua famiglia.
L'imperatore d'Oriente Teodosio II (401-450 d.C.), come si legge nel suo famoso
codice, stabilì l'invio di funzionari presso le manifatture di porpora fenicie
per vigilare contro ogni frode, perché "Ogni persona, di qualsiasi sesso,
rango, mestiere, professione o famiglia dovrà astenersi dal possedere quel
genere di prodotto, che è riservato solo all'Imperatore e alla sua Famiglia.
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