Una necropoli di tremila anni fa

Una necropoli di tremila anni fa
04-03-11, il tirreno

Roberto Riu
LIVORNO. È una scoperta eccezionale, su questo non vi sono dubbi, quella emersa nella zona di Parrana San Martino (il luogo preciso è non stato divulgato per evitare furti o vandalismi). Si tratta di una necropoli ad incinerazione che da un esame preliminare appare risalente a circa tremila anni fa e perciò riconducibile ad un’epoca protostorica compresa tra la fine dell’Età del Bronzo e gli inizi dell’Età del Ferro.
L’autore della scoperta è stato Franco Sammartino, da decenni attento studioso del territorio provinciale livornese, che l’estate scorsa durante una delle sue consuete esplorazioni ha visto affiorare le tracce inequivocabili di una lontana frequentazione umana. In seguito è stata avviata una prima campagna di scavo con la direzione scientifica della dottoressa Silvia Ducci della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana: scavi che, effettuati sotto la direzione operativa dell’archeologa Giuditta Grandinetti, hanno coinvolto attivamente il personale scientifico del Museo di Storia naturale ovvero la dottoressa Barbara Raimondi, il dottor Edoardo Borzatti de Löwenstern, la dottoressa Raffaella Grassi ed i volontari del Gruppo Archeologico Paleontologico Livornese di cui Franco Sammartino è storico esponente.
Sebbene il sito sia in parte danneggiato dal transito di mezzi meccanici, gli scavi hanno condotto ad un risultato davvero strepitoso: dagli abissi del tempo è infatti riemersa una necropoli ad incinerazione, forse riferibile alla civiltà protovillanoviana (riconosciuta come antenata rispetto agli Etruschi), nella cui area, circa 400 metri quadrati, sono state individuate ben novantasette sepolture di cui soltanto dieci sono state sinora esplorate. La necropoli si compone di urne cinerarie formate da vasi in ceramica di forma biconica muniti di una sola ansa laterale e di un coperchio ricavato da una ciotola capovolta: vasellame talora impreziosito da decorazioni assai elaborate. Dentro ogni urna, dopo la cremazione del defunto eseguita su una catasta di legna, le ceneri sono state deposte unitamente a piccoli oggetti in bronzo (fibule, anelli e altri monili) in funzione di corredo funerario. Ciascuna urna veniva poi collocata in una semplice buca scavata nel terreno e quindi ricoperta: un rituale che gli antichi abitanti del luogo hanno evidentemente ripetuto molte volte sino a creare la necropoli ora venuta alla luce. E qui si impone il principale quesito: se c’è una necropoli, da qualche parte, non troppo lontano, doveva esserci anche un luogo abitato: un villaggio di cui però, al momento, non è stata trovata traccia.
D’altro canto, sinora, a parte le palafitte di Stagno, i ritrovamenti nel livornese relativi a quel periodo sono stati solo episodici. L’importanza di questa necropoli, l’unica del genere in situ e con una tale consistenza, rinvenuta nella Toscana centro-settentrionale, risiede appunto nella sua completezza, tale da permettere uno studio sistematico in grado fornire elementi certi per ricostruire la realtà passata di questi luoghi.
«Purtroppo - precisa Sammartino - mancano i soldi per completare gli scavi e perciò, come Gruppo Archelogico-Paleontologico Livornese, è stato chiesto un finanziamento alla Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno».

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