Scoperto a monte del santuario un «castelliere» risalente al IV secolo avanti Cristo
Scoperto a monte del santuario un «castelliere» risalente al IV secolo avanti Cristo
Barbara Bertasi
L'Arena, Giovedì 6 Ottobre 2005
Il mistero di San Giorgio
Trovate anche monete greche: come sono finite in Valpolicella?
Sant’Ambrogio. Un villaggio fortificato sull’apice della collina di San Giorgio, tra la terra e il cielo, quasi nelle mani di quegli stessi dei a cui fu poi dedicato un santuario possente. Una nuova scoperta, avvolta da un enigma, impedisce di porre la parola fine all’indagine archeologica svolta quest’estate dalla Soprintendenza sulla sommità del colle secondo un percorso di ricerca iniziato nel 1996. Lo scavo illumina un insospettato squarcio di protostoria e sposterebbe le origini del centro abitato di San Giorgio più a monte di quanto finora si credeva fosse.
Sul punto più alto del monte sarebbe sorto, trecento anni prima del santuario di cui già è nota l’esistenza, un «castelliere», un villaggio che avrebbe preceduto l’edificazione dell’attuale San Giorgio, spostatosi poi più a valle probabilmente a causa di un incendio. Inoltre, ulteriori recentissime e inaspettate scoperte di monete greche trovate nella fascia pedemontana della Lessinia, accrediterebbero l’ipotesi che quella roccaforte sia stata culla di una civiltà di alto rango, superiore rispetto ai canoni nord-italici del primo millennio.
«Nel mese di agosto abbiamo svolto una campagna di indagini archeologiche accanto al cimitero di età napoleonica che si trova proprio nella zona sommitale della collina, che è denominata Torre in memoria di una costruzione medioevale di cui rimangono ora solo tracce nelle fondazioni», premette Luciano Salzani, direttore del Nucleo operativo di Verona della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto.
Lui e altri quattro archeologi hanno lavorato sul lato occidentale del piccolo monte, dove si trova uno spessore archeologico molto potente. «Nel V e IV secolo a.C. qui fu eretto il podio in pietra di un grande santuario su cui venivano fatti sacrifici con il fuoco agli dei del cielo, si bruciavano cioè animali e quindi si facevano libagioni».
Lo testimoniano vari reperti: «Fibule, spilloni in bronzo e, davanti al podio, ossa, carbone, cocci dei vasi che venivano fracassati dopo le libagioni», spiega Salzani. «Al podio, costruito in blocchi possenti, regolari e disposti a file orizzontali, si arrivava salendo un’ampia strada delimitata da muriccioli secondo la tipologia tipica dei roghi votivi che, nell’area alpina, erano sempre sulle sommità dei monti».
Se questa fase di indagini si può considerare chiusa un’ altra resta aperta. «Va chiarito in modo più puntuale quanto paiono rivelare alcuni strati molto profondi individuati quattro metri sotto la superficie, che noi facciamo risalire agli inizi della Età del Ferro», sottolinea Salzani. «Sotto il podio, cioè, nella zona laterale verso ovest, ci sono i resti di un villaggio molto antico datato al IX secolo avanti Cristo».
Gli archeologi sapevano dell’esistenza di materiali precedenti al periodo della costruzione del santuario, ma non si aspettavano che fossero così antichi: «Ora abbiamo accertato che sulla sommità della collina sorgeva un castelliere, un castello preistorico di difesa delimitato sul lato nord da un fossato».
E il direttore del Nucleo operativo precisa: «Lo scavo mostra un villaggio di capanne a pianta rettangolare, parzialmente scavate nella roccia, con gli alzati (cioè la parte a vista del muro) ora scomparsi che dovevano essere realizzati parte in legno, parte in lastre di pietra locale. Anche in quest’area sono stati trovati frammenti di vasi, resti di pasti, carboni».
Questo doveva essere il nucleo abitato proto-storico originario di San Giorgio: «L’insediamento, poi, fu probabilmente distrutto da un incendio e così si spostò più a valle. Solo 300 anni dopo, in quel medesimo luogo sorse il santuario che è già stato oggetto di studio». Così il cerchio si chiude. Ma solo teoricamente perché lassù c’è una zona ancora tutta da scavare. «Il progetto di quest’anno è stato portato avanti grazie a un finanziamento di 15mila euro, un contributo del comune di Sant’Ambrogio, della Banca Marano credito cooperativo della Valpolicella e della Fondazione Masi», sottolinea Salzani. «Si pensava di chiudere l’indagine con una pubblicazione e una mostra dei reperti trovati».
Ma la scoperta, fatta appunto ad agosto, pone nuovi interrogativi e non può essere lasciata così, sospesa proprio ai suoi esordi.
Commenti