La navigazione nell'antichità
La navigazione nell'antichità
I sistemi di navigazione in
uso nell'antichità erano di due tipi. Il primo consisteva in una navigazione di
piccolo cabotaggio, cioè a vista lungo la fascia costiera, usata per spostarsi
tra centri abitati vicini. Questa navigazione si svolgeva prevalentemente di
giorno, usando imbarcazioni di medio e piccolo tonnellaggio, a seconda della
distanza da percorrere e delle merci da trasportare. Il secondo sistema, detto
di lungo corso, affrontava ampi tratti di mare aperto lontano da coste, verso
luoghi anche molto distanti. Anche in questo caso, quando era possibile, si
cercava sempre di navigare "a vista di terra", prevalentemente
durante il giorno. Quando giungeva la sera si cercava un approdo riparato e si
riprendeva la navigazione il giorno seguente. Se si osserva una cartina del
Mediterraneo, ci si rende subito conto che in effetti sono pochi i tratti di
mare aperto da percorrere senza avere come punto di riferimento la costa. Tra
le varie popolazioni che solcavano il Mediterraneo indubbiamente, come
riconoscevano anche gli antichi, i Fenici si distinguevano per abilità
marinaresca. Essi, alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento di materie
prime, tracciarono rotte verso il Mediterraneo occidentale e, oltre le colonne
d'Ercole, verso le coste atlantiche dell'Africa e dell'Europa. I Fenici, se la
navigazione non permetteva soste notturne, sapevano orientare la nave con
l'osservazione della stella polare, chiamata dagli antichi proprio "stella
fenicia". I viaggi di esplorazione a fini commerciali compiuti dai Fenici,
e in particolare da Cartagine al momento della sua espansione, ebbero grande
risonanza nell'antichità. Possiamo ricordare la circumnavigazione dell'Africa,
che naviganti fenici, partendo dal Mar Rosso, fecero su incarico del faraone
Neco intorno al 600 a.C., e due esplorazioni compiute da Cartagine nel V secolo
a.C.: il viaggio di Imilcone, oltre le colonne d'Ercole, forse fino alle
Isole Britanniche, e quello di Annone, fino al Golfo di Guinea.
In genere la navigazione
commerciale si svolgeva nel periodo compreso tra marzo e ottobre. Le navi da
trasporto fenicie avevano scafo rotondeggiante per consentire ampia capacità di
carico. Erano lunghe 20-30 metri, larghe 6-7, con un pescaggio di 1,5 m. La
poppa era tondeggiante, la prua, curvilinea, terminava con un fregio a testa di
cavallo; ai lati dello scafo erano dipinti due occhi con funzione apotropaica
(per annullare gli influssi maligni). Sul ponte, verso poppa, sorgeva il
castello che dava riparo all'equipaggio (circa 20 uomini) e conteneva le
attrezzature e la cucina. L'albero maestro aveva una vela rettangolare
orientabile, che consentiva un'andatura solo con venti di poppa. Per governare
la nave si utilizzava un timone, un remo composto da ampie pale asimmetriche,
fissato verso poppa sul fianco sinistro della nave. La velocità raggiunta da
un'imbarcazione commerciale era di circa 2-3 nodi, quindi in una giornata si potevano
percorrere 50 miglia nautiche. Il rinvenimento di due relitti di III secolo
a.C. presso Marsiglia ha permesso di comprendere la tecnica costruttiva
utilizzata per le imbarcazioni. I singoli pezzi lignei presentano sui bordi
lettere dell'alfabeto fenicio, come segni di riferimento per i carpentieri. Ciò
indica che si trattava di pezzi prefabbricati separatamente e assemblati in un
secondo momento. La struttura delle navi era molto simile a quella delle
attuali imbarcazioni da pesca dei paesi rivieraschi del Mediterraneo: una serie
di tavole poste di coltello (fasciame) sostenute internamente da una ossatura
di travi (ordinate) ortogonali alla chiglia. Il fasciame era ricoperto da
lastre di piombo spalmate internamente di pece e fissate con chiodi di rame.
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