Al Colosseo, storie di statue rubate e rientrate in Italia

Al Colosseo, storie di statue rubate e rientrate in Italia
Lauretta Colonnelli
Corriere della Sera (Roma) 16/11/2008

C`è una vicenda rocambolesca dietro la maggior parte delle sessanta
opere esposte al Colosseo fino al 15 febbraio nella mostra «Rovine
e rinascite dell`arte in Italia», promossa dal Comitato nazionale
per le celebrazioni dei centenario del primo regolamento di tutela, varato nel 1909.
I progressi compiuti in difesa del patrimonio artistico vengono illustrati attraverso statue, anfore, bassorilievi, dipinti. Come la splendida tela che raffigura il ritratto di «Antea» e che fu dipinta dal Parmigianino nel 1535. Oggi si trova nel Museo di Capodimonte a Napoli, dove è tornata nel dopoguerra. Era tra le opere che dal deposito di Montecassino furono inviate a Berlino dai paracadutisti della Divisione Goering, poi confluite nel rifugio della miniera di sale di Alt-Aussée dove furono trovate dagli americani che le radunarono infine a Monaco di Baviera. Tra queste c`era anche la statua dell`Apollo Citarista, un bronzo a grandezza naturale, copia del I secolo a.C. da un originale greco attribuito da alcuni a
Hegias, maestro di Fidia.
Ma ci sono statue che testimoniano di razzie più antiche, come quella
della Venere de` Medici, ritrovata nel '500 a Roma e trasferita agli Uffizi di Firenze. Piaceva tanto a Napoleone e venne nascosta a Palermo per salvarla dalle bramosie dei francesi.
Questi riuscirono comunque a impossessarsene per via diplomatica e la trasferirono al Louvre. A Firenze, per colmare il vuoto lasciato
dalla dalla statua, si incaricò inizialmente Canova di eseguirne una copia, ma poi si preferì acquistare una sua creazione, la Venere Italica, e visto che la Toscana era stata trasformata in un dipartimento dell`Impero francese fu poprio Napoleone a pagare allo scultore 24mila franchi. Finalmente, nel 1815, la Venere de` Medici tornò agli Uffizi.
Quello delle copie eseguite per sostituire gli originali o per ingannare i collezionisti è un altro capitolo avvincente, di cui la mostra offre episodi notevoli. Se Foscolo definì la Venere antica (quella dei Medici) «una bellissima dea» e quella di Canova «una bellissima donna», per celebrare il lavoro dello scultore ottocentesco, non meno stupefatti si rimane davanti a certe opere di artigiani falsari. A questo proposito, per chi volesse destreggiarsi tra i falsi nell`arte e nell`antiquariato, consiglio il bel libro uscito in questi giorni, intitolato «Falsi. Come riconoscerli» (ed.Bracciali). L`autore è Marco Cerbella, artista ed ex falsario
(uno dei più abili dei nostri giorni). Un esempio eclatante di quanto
si può essere bravi in questo campo è quello della statua della
cosiddetta «Artemide Marciante». Al Colosseo ne sono epsoste due copie, una a fianco dell`altra. La prima, originale, fu ritrovata nel 1994 nel corso di scavi clandestini presso Caserta, ceduta a trafficanti svizzeri che cercarono di venderla in Giappone e negli Stati Uniti. Dopo un incredibile numero di passaggi di dogana, possibili evidentemente grazie alla copertura di organizzazioni
criminali, i malviventi, messi alle strette dai Carabinieri, fecero
trovare ad Avellino una copia quasi perfetta della statua eseguita da un artigiano romano di arte funeraria. Non essendo riusciti ad ingannare gli esperti, furono infine costretti a far rientrae in Italia l`originale. Resta tuttavia da ammirare la maestria con la quale il marmista è riuscito a rendere i panneggi della tunica,
il movimento del corpo (solo un po` più rigido), l`acconciatura, il
sorriso della dea (solo un po` meno espressivo). A maggior ragione se
si considera che per fare la sua statua l`artigiano ebbe a disposizione solo una fotografia dell`originale.

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