Fu in Siria il primo attacco chimico, 17 secoli fa
Fu in Siria il primo attacco chimico, 17 secoli fa
Guido Santevecchi
Corriere della Sera - 16-01- 2009 - pag: 41
I persiani usarono una speciale mistura di fumi tossici per uccidere venti legionari romani
LONDRA — I resti dei venti legionari romani, seppelliti in una fossa comune nel III secolo dopo Cristo, erano stati scoperti nel 1930 vicino al villaggio di Salhiyé in Siria. Erano allineati, ancora con l'equipaggiamento da battaglia, ma gli archeologi non trovarono tracce di colpi mortali sugli scheletri. Che cosa aveva segnato il fato di quei soldati caduti alla frontiera orientale dell'impero? Secondo Simon James, studioso dell'Università di Leicester, furono uccisi dal primo attacco chimico documentato nella storia.
Correva l'anno 256 e la guarnigione romana di Dura Europos, sulla sponda destra dell'Eufrate, era stata investita dall'assalto dell'esercito sassanide venuto dalla Persia. L'assedio fu condotto anche scavando gallerie per far crollare le mura del forte e i difensori cercarono di resistere infilandosi anche loro sotto terra e costruendo tunnel che nei manuali militari dei secoli successivi si sarebbero chiamati di contromina. I romani cercavano di intercettare i cunicoli del nemico, ma i persiani evidentemente li sorpresero.
Eppure, restava il mistero: come avevano fatto i guerrieri persiani a massacrare venti legionari in uno spazio così stretto, con un diametro di poco più di due metri e una lunghezza di una dozzina? I romani erano protetti da scudi, armati di gladio, addestrati: avrebbero potuto formare una testuggine imperforabile e indietreggiare. La risposta è stata trovata esaminando il terreno nel quale erano sepolti, lo stesso sul quale erano caduti: gli archeologi inglesi hanno individuato cristalli di zolfo e forti tracce di bitume. I genieri sassanidi avevano acceso il fuoco all'imboccatura e con la miscela di zolfo e bitume avevano creato una nube tossica, un gas asfissiante che non aveva lasciato scampo al nemico.
James osserva che «è stato molto eccitante e anche raccapricciante arrivare a questa conclusione, perché quegli uomini morirono in un modo orrendo, respirando diossido di zolfo e un complesso di fumi petrolchimici che, quando sono bruciati insieme, diventano letali. Credo che questa sia la prova archeologica più antica di guerra chimica mai rilevata, l'inizio di un modo di combattere e uccidere che è arrivato fino ai nostri giorni». Gli esperti di anatomia patologica ritengono che i legionari siano crollati nel giro di pochi minuti nel pozzo invaso dal fumo. L'avamposto fu sopraffatto dai persiani, Dura Europos cadde e l'impero romano si ritirò.
Il re persiano Dario III durante la battaglia di Isso (333 a.C.) in un affresco di epoca romana.
Guido Santevecchi
Corriere della Sera - 16-01- 2009 - pag: 41
I persiani usarono una speciale mistura di fumi tossici per uccidere venti legionari romani
LONDRA — I resti dei venti legionari romani, seppelliti in una fossa comune nel III secolo dopo Cristo, erano stati scoperti nel 1930 vicino al villaggio di Salhiyé in Siria. Erano allineati, ancora con l'equipaggiamento da battaglia, ma gli archeologi non trovarono tracce di colpi mortali sugli scheletri. Che cosa aveva segnato il fato di quei soldati caduti alla frontiera orientale dell'impero? Secondo Simon James, studioso dell'Università di Leicester, furono uccisi dal primo attacco chimico documentato nella storia.
Correva l'anno 256 e la guarnigione romana di Dura Europos, sulla sponda destra dell'Eufrate, era stata investita dall'assalto dell'esercito sassanide venuto dalla Persia. L'assedio fu condotto anche scavando gallerie per far crollare le mura del forte e i difensori cercarono di resistere infilandosi anche loro sotto terra e costruendo tunnel che nei manuali militari dei secoli successivi si sarebbero chiamati di contromina. I romani cercavano di intercettare i cunicoli del nemico, ma i persiani evidentemente li sorpresero.
Eppure, restava il mistero: come avevano fatto i guerrieri persiani a massacrare venti legionari in uno spazio così stretto, con un diametro di poco più di due metri e una lunghezza di una dozzina? I romani erano protetti da scudi, armati di gladio, addestrati: avrebbero potuto formare una testuggine imperforabile e indietreggiare. La risposta è stata trovata esaminando il terreno nel quale erano sepolti, lo stesso sul quale erano caduti: gli archeologi inglesi hanno individuato cristalli di zolfo e forti tracce di bitume. I genieri sassanidi avevano acceso il fuoco all'imboccatura e con la miscela di zolfo e bitume avevano creato una nube tossica, un gas asfissiante che non aveva lasciato scampo al nemico.
James osserva che «è stato molto eccitante e anche raccapricciante arrivare a questa conclusione, perché quegli uomini morirono in un modo orrendo, respirando diossido di zolfo e un complesso di fumi petrolchimici che, quando sono bruciati insieme, diventano letali. Credo che questa sia la prova archeologica più antica di guerra chimica mai rilevata, l'inizio di un modo di combattere e uccidere che è arrivato fino ai nostri giorni». Gli esperti di anatomia patologica ritengono che i legionari siano crollati nel giro di pochi minuti nel pozzo invaso dal fumo. L'avamposto fu sopraffatto dai persiani, Dura Europos cadde e l'impero romano si ritirò.
Il re persiano Dario III durante la battaglia di Isso (333 a.C.) in un affresco di epoca romana.
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