A Fuorigrotta un villaggio di 35 secoli fa
A Fuorigrotta un villaggio di 35 secoli fa
Carlo Avvisati
Il Mattino, 26 giugno 2006
I NAPOLETANI di 3500 anni fa erano anche agricoltori e pastori. Ma il loro Dna era comunque strutturato perché fossero marinai e pescatori. Alcuni galleggianti per reti da posta, costruiti magistralmente e sagomando in forma circolare delle pietre pomici scelte tra le tante espulse nel corso delle eruzioni vesuviane o flegree, ritrovati dagli archeologi, hanno dato la cifra dell'importanza di quel rinvenimento. Nella zona di Piazzale Tecchio, proprio nell'area oggi occupata dal palazzone della Facoltà di Ingegneria, secondo gli esperti della Soprintendenza archeologica di Napoli, trentacinque secoli fa, ci doveva essere un villaggio abitato da pescatori, pastori e agricoltori. La parte periferica dell'insediamento, datato dagli archeologi al «Bronzo medio», è stata intercettata durante i lavori per la realizzazione del metrò cittadino a una profondità di quasi dieci metri, al centro della piazza.
Le indagini hanno consentito di trovare un recinto con tracce di frequentazioni preistoriche, materiali ceramici di uso comune come scodelle, brocche, bicchieri, e scorie di produzione del bronzo. Cosa che secondo gli archeologi dimostra come in quell'area fosse presente una notevole attività - quindi con l'uso di fornaci appositamente attrezzate - destinata alla lavorazione e alla fusione di rame e stagno, trasformando gli elementi nella lega Bronzo. Lo studio dei sedimenti - microrganismi, conchiglie - ha quindi permesso di accertare come la linea di costa, in antico, fosse molto più arretrata rispetto a quella attuale. Vale a dire che il mare, tra il 1550 e il 2000 a. C. si spingeva nell' entroterra sin quasi ad occupare per intero l'area dell'attuale abitato di Fuorigrotta.
Quanto fosse esteso poi quel villaggio, costruito su una leggera altura per restare all'asciutto, e se ve ne fossero altri in zona, forse non si potrà mai sapere: si dovrebbe scavare e indagare sotto mezza Fuorigrotta. Comunque, una ipotesi sulla forma delle capanne, secondo Giuseppe Vecchio, l'archeologo della Soprintendenza di Napoli, responsabile delle le indagini, si può azzardare e porterebbe a immaginare un'architettura «a ferro di cavallo», non molto differente da edifici della stessa epoca trovati in via Polveriera a Noia, cinque anni fa. «Ovviamente - sottolinea l'archeologo - l'eccezionalità del ritrovamento sta tutta nel fatto che il villaggio era abitato anche da pescatori, visto che pastorizia e agricoltura all'epoca erano un fatto comune». Il mare poi, secondo gli esperti, avrebbe lasciato libera quell'area in seguito a fenomeni dovuti al bradisismo, anche se gli studi di settore, poco frequenti, forniscono scarsi elementi a sostegno delle ipotesi.
Lo scavo ha anche consentito di trovare presenze di epoche successiva, in particolare romana. Numerosi solchi appartenenti a coltivazioni, datati dagli esperti al I e al II secolo avanti Cristo, e segni di arature, testimoniano di campi coltivati in prossimità di una villa rustica. Anche per quest'altro dato, come per il villaggio del «bronzo», vista la profondità, sarà difficile recuperare elementi capaci di squarciare i veli sulla vita di Parthenope - Neapolis - Napoli.
E viene ancora una volta confermata l'identità di Napoli come città fatta a strati e a livelli, di cui si erano già intuite storia e valenza attraverso i rinvenimenti, ancorché scarsi, del secolo scorso. E oggi, con le indagini favorite dagli scavi del metrò, la quantità di rimandi al passato della città si sta rivelando assolutamente straordinaria. Basta pensare solo ai rinvenimenti del periodo greco sotto piazza Nicola Amore, ai mosaici, al porticato romano imperiale presso il tempio, con la parete di fondo rivestita di lastre di marmo con segnati i nomi dei vincitori dei giochi Isolimpici napoletani, i Sebastà; alle barche e all'antico portò di Piazza Municipio; ai reperti del cantiere per la stazione di Toledo. Adesso, il villaggio preistorico di Piazzale Tecchio. E c'è il progetto per valorizzarlo: si realizzeranno pannelli con ricostruzioni virtuali della zona e delle capanne e si metteranno in mostra nella stazione quando sarà completata.
Carlo Avvisati
Il Mattino, 26 giugno 2006
I NAPOLETANI di 3500 anni fa erano anche agricoltori e pastori. Ma il loro Dna era comunque strutturato perché fossero marinai e pescatori. Alcuni galleggianti per reti da posta, costruiti magistralmente e sagomando in forma circolare delle pietre pomici scelte tra le tante espulse nel corso delle eruzioni vesuviane o flegree, ritrovati dagli archeologi, hanno dato la cifra dell'importanza di quel rinvenimento. Nella zona di Piazzale Tecchio, proprio nell'area oggi occupata dal palazzone della Facoltà di Ingegneria, secondo gli esperti della Soprintendenza archeologica di Napoli, trentacinque secoli fa, ci doveva essere un villaggio abitato da pescatori, pastori e agricoltori. La parte periferica dell'insediamento, datato dagli archeologi al «Bronzo medio», è stata intercettata durante i lavori per la realizzazione del metrò cittadino a una profondità di quasi dieci metri, al centro della piazza.
Le indagini hanno consentito di trovare un recinto con tracce di frequentazioni preistoriche, materiali ceramici di uso comune come scodelle, brocche, bicchieri, e scorie di produzione del bronzo. Cosa che secondo gli archeologi dimostra come in quell'area fosse presente una notevole attività - quindi con l'uso di fornaci appositamente attrezzate - destinata alla lavorazione e alla fusione di rame e stagno, trasformando gli elementi nella lega Bronzo. Lo studio dei sedimenti - microrganismi, conchiglie - ha quindi permesso di accertare come la linea di costa, in antico, fosse molto più arretrata rispetto a quella attuale. Vale a dire che il mare, tra il 1550 e il 2000 a. C. si spingeva nell' entroterra sin quasi ad occupare per intero l'area dell'attuale abitato di Fuorigrotta.
Quanto fosse esteso poi quel villaggio, costruito su una leggera altura per restare all'asciutto, e se ve ne fossero altri in zona, forse non si potrà mai sapere: si dovrebbe scavare e indagare sotto mezza Fuorigrotta. Comunque, una ipotesi sulla forma delle capanne, secondo Giuseppe Vecchio, l'archeologo della Soprintendenza di Napoli, responsabile delle le indagini, si può azzardare e porterebbe a immaginare un'architettura «a ferro di cavallo», non molto differente da edifici della stessa epoca trovati in via Polveriera a Noia, cinque anni fa. «Ovviamente - sottolinea l'archeologo - l'eccezionalità del ritrovamento sta tutta nel fatto che il villaggio era abitato anche da pescatori, visto che pastorizia e agricoltura all'epoca erano un fatto comune». Il mare poi, secondo gli esperti, avrebbe lasciato libera quell'area in seguito a fenomeni dovuti al bradisismo, anche se gli studi di settore, poco frequenti, forniscono scarsi elementi a sostegno delle ipotesi.
Lo scavo ha anche consentito di trovare presenze di epoche successiva, in particolare romana. Numerosi solchi appartenenti a coltivazioni, datati dagli esperti al I e al II secolo avanti Cristo, e segni di arature, testimoniano di campi coltivati in prossimità di una villa rustica. Anche per quest'altro dato, come per il villaggio del «bronzo», vista la profondità, sarà difficile recuperare elementi capaci di squarciare i veli sulla vita di Parthenope - Neapolis - Napoli.
E viene ancora una volta confermata l'identità di Napoli come città fatta a strati e a livelli, di cui si erano già intuite storia e valenza attraverso i rinvenimenti, ancorché scarsi, del secolo scorso. E oggi, con le indagini favorite dagli scavi del metrò, la quantità di rimandi al passato della città si sta rivelando assolutamente straordinaria. Basta pensare solo ai rinvenimenti del periodo greco sotto piazza Nicola Amore, ai mosaici, al porticato romano imperiale presso il tempio, con la parete di fondo rivestita di lastre di marmo con segnati i nomi dei vincitori dei giochi Isolimpici napoletani, i Sebastà; alle barche e all'antico portò di Piazza Municipio; ai reperti del cantiere per la stazione di Toledo. Adesso, il villaggio preistorico di Piazzale Tecchio. E c'è il progetto per valorizzarlo: si realizzeranno pannelli con ricostruzioni virtuali della zona e delle capanne e si metteranno in mostra nella stazione quando sarà completata.
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