Mura megalitiche tra mito e storia
Mura megalitiche tra mito e storia
Corriere della Sera (Roma) 05/06/2009
Secondo la tradizione mitologica, sarebbe stato Saturno, dio dell’Olimpo detronizzato dal figlio Giove e cacciato in esilio nell’attuale Lazio, a costruire le mura megalitiche che ancora si possono vedere nel territorio di 91 comuni in provincia di Frosinone. Mura che sono descritte nei testi degli autori latini e che poi vengono dimenticate fino al Settecento, quando l’abate Louis Charles François Petit-Radel iniziò un lavoro di ricerca che durò oltre quarant’anni e ne raccontò i risultati ai suoi corrispondenti sparsi in tutta Europa.
Fu così che rinacque l’interesse di archeologici, storici e artisti verso le costruzioni ciclopiche che interessano soprattutto Ferentino, Anagni, Alatri, Arpino e Atina. Una delle prime studiose a ritrarre le mura in decine di incisioni fu Marianna Candidi Dionigi, che pubblicò l’opera in fascicoli tra il 1809 e il 1812. Poi arrivarono le tavole dell’inglese Edward Dodwell, gli schizzi dell’americano John Izard Middleton, le litografie di Edward Lear. Fino alle fotografie di Thomas Ashby, che hanno fermato le immagini un attimo prima dei grandi cambiamenti urbani e territoriali del Novecento.
Tra gli storici, da segnalare il celebre Ferdinand Gregorovius, che verso la metà dell’Ottocento ricorda la suggestione provata davanti alle mura poligonali di Alatri: «Quando vidi queste pietre nere e titaniche che sono conservate così bene, come avessero soltanto degli anni, invece di essere antiche di millenni, la mia ammirazione per la potenza umana divenne molto più grande di quando avevo visto il Colosseo a Roma».
Disegni, foto e publicazioni si possono ora osservare nella mostra «Le mura megalitiche. Il Lazio meridionale tra storia e mito», che ricostruisce anche una mappa del territorio dove le grandi costruzioni si possono ammirare dal vero. Un invito dunque a un viaggio nel passato, magari accompagnati dal bel catalogo curato da Alessandro Nicosia e Maria Cristina Bettini, che raccoglie anche un saggio dell’archeoastronomo Giulio Magli, il quale cerca di rispondere alle domande «Perché furono costruite?
Da chi? Quando?».
Corriere della Sera (Roma) 05/06/2009
Secondo la tradizione mitologica, sarebbe stato Saturno, dio dell’Olimpo detronizzato dal figlio Giove e cacciato in esilio nell’attuale Lazio, a costruire le mura megalitiche che ancora si possono vedere nel territorio di 91 comuni in provincia di Frosinone. Mura che sono descritte nei testi degli autori latini e che poi vengono dimenticate fino al Settecento, quando l’abate Louis Charles François Petit-Radel iniziò un lavoro di ricerca che durò oltre quarant’anni e ne raccontò i risultati ai suoi corrispondenti sparsi in tutta Europa.
Fu così che rinacque l’interesse di archeologici, storici e artisti verso le costruzioni ciclopiche che interessano soprattutto Ferentino, Anagni, Alatri, Arpino e Atina. Una delle prime studiose a ritrarre le mura in decine di incisioni fu Marianna Candidi Dionigi, che pubblicò l’opera in fascicoli tra il 1809 e il 1812. Poi arrivarono le tavole dell’inglese Edward Dodwell, gli schizzi dell’americano John Izard Middleton, le litografie di Edward Lear. Fino alle fotografie di Thomas Ashby, che hanno fermato le immagini un attimo prima dei grandi cambiamenti urbani e territoriali del Novecento.
Tra gli storici, da segnalare il celebre Ferdinand Gregorovius, che verso la metà dell’Ottocento ricorda la suggestione provata davanti alle mura poligonali di Alatri: «Quando vidi queste pietre nere e titaniche che sono conservate così bene, come avessero soltanto degli anni, invece di essere antiche di millenni, la mia ammirazione per la potenza umana divenne molto più grande di quando avevo visto il Colosseo a Roma».
Disegni, foto e publicazioni si possono ora osservare nella mostra «Le mura megalitiche. Il Lazio meridionale tra storia e mito», che ricostruisce anche una mappa del territorio dove le grandi costruzioni si possono ammirare dal vero. Un invito dunque a un viaggio nel passato, magari accompagnati dal bel catalogo curato da Alessandro Nicosia e Maria Cristina Bettini, che raccoglie anche un saggio dell’archeoastronomo Giulio Magli, il quale cerca di rispondere alle domande «Perché furono costruite?
Da chi? Quando?».
Commenti