Castel dell’Ovo, il ponte ritrovato

CAMPANIA - Castel dell’Ovo, il ponte ritrovato
Carlo Avvisati
15/07/2008 IL MATTINO

Era largo circa quattro metri e consentiva il transito sia ai carri con le merci che alle compagnie di armigeri diretti ai corpi di guardia di Castel dell’Ovo. Di più. Quasi certamente, quel ponte levatoio era la barriera più difficile da superare per chi attaccava il forte dalla terraferma. Costruito verosimilmente con legno di pino o di quercia perché resistesse meglio all’azione dell’acqua salata, del passaggio mobile si era perduta la memoria da più di un secolo. Ben si sapeva, invece, degli altri due: uno, simile, posto all’ingresso del castello, e l’altro, a saracinesca, situato sulla seconda rampa. Era sparito tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, ingoiato dalla colmata del «risanamento» che si volle realizzare a est del castello. Area poi divenuta «Borgo Marinaro»: una lingua di terra sottratta al mare dove costruire le case per i Luciani sgombrati dai vicoli e dalle abitazioni malsane sotto monte Echia. Le tracce del ponte sono state trovate dagli esperti della Soprintendenza archeologica speciale Napoli-Pompei, coordinati dall’archeologo Giuseppe Vecchio, mentre esercitavano l’alta sorveglianza sulle opere di ristrutturazione che il comune ha messo in cantiere per il monumento. Nello spazio di fronte ai locali degli ascensori, durante la posa delle condotte per i servizi, sono venuti fuori i resti di due battiponte. Formati da tre pezzi singoli, e sovrapposti a scalare perché potessero ben sostenere il grosso peso del ponte (ma anche di chi vi transitava) allorché questi veniva abbassato, erano stati realizzati in pietra lavica e risultavano incastrati saldamente sul verso della rampa proveniente dalla terraferma. Sui lati, il passaggio aveva anche delle torri in cui erano ospitati gli argani per le operazioni di sollevamento e calata del ponte. Anche di quelle strutture, che avevano peraltro funzioni di posto di guardia, si sono trovate le tracce. Ma c’è ancora un altro dato interessante: proprio in corrispondenza del passaggio, l’isolotto, secondo le antiche mappe, si incuneava all’interno, aprendosi in una sorta di piscina naturale. Solo alcune centinaia di metri quadrati di superficie e tuttavia sufficienti ad accogliere, nel I secolo avanti Cristo, una peschiera in cui favorire l’allevamento in cattività di pesci e murene. Su quello che in antico fu l’isolotto di Megaride, approdo cumano dove nel VII secolo avanti Cristo sarebbe sorto il primo nucleo della futura Napoli, le fonti storiche dicono che Licinio Lucullo si fosse fatto costruire una villa sfarzosa. E la peschiera poteva essere esattamente l’area dove il nobile romano allevava i pesci che poi offriva appunto nei banchetti «luculliani». Ma la storia del castello è legata per lo più alla leggenda che indica come Virgilio, che era considerato un mago straordinario, avesse nascosto nelle segrete dell’edificio, sotto il livello del mare, un uovo alla cui integrità dipendeva la vita del castello: se si fosse rotto l’uovo, non solo sarebbe crollata la fortezza ma sarebbe sprofondata l’intera città di Napoli. Insomma Castel dell’Ovo, dall’epoca romana a oggi, è stato testimone di tutte le vicende storiche della città: vi fu imprigionato l’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo; con Ruggiero il Normanno diventò una fortezza inespugnabile per l’epoca. Fu quindi roccaforte per Svevi e Angioini. E fortezza spagnola durante il Viceregno. Il ponte ritrovato potrebbe essere stato realizzato appunto dopo il 1600, quando il castello subì una radicale trasformazione. L’obiettivo, adesso, è quello della ricostruzione filologica dell’opera. «L’idea - conferma Vecchio, che lavora sul progetto assieme a Paola Bovier, architetto della Soprintendenza ai Beni architettonici di Stefano Gizzi - prevede un taglio del muro attuale e il recupero della torre e del ponte, che ricostruiremmo. Insomma, se il comune ci da l’ok potremo recuperare un altro pezzo di storia della città». «L’amministrazione ha tutta l’intenzione di finanziare il recupero - rivela dal canto suo Giancarlo Ferulano, l’architetto responsabile dei lavori nel castello - cosa che si potrà fare solo con il nuovo Por (Piano Operativo regionale) perché non ci aspettavamo il rinvenimento. Il piano 2007-2013 prevede infatti l’inserimento del forte nel programma d’intervento sul centro storico. Per adesso lavoreremo al fine d’acquisire il maggior numero di dati possibile, poi ricostruiremo il ponte come in origine».

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