La passione dell’Occidente per i faraoni dalla Grecia antica all’età dei Lumi

l’Unità Roma 11.7.08
Egitto, un fascino bimillenario
La passione dell’Occidente per i faraoni dalla Grecia antica all’età dei Lumi
di Flavia Matitti

«PRIMI TRA GLI UOMINI, dicesi che gli Egizi ebbero conoscenza degli Iddii, rizzarono templi e sacri edifici». Queste parole di Luciano di Samosata, del II secolo d.C., mostrano come fin dall’antichità l’Egitto venisse il luogo d’origine di ogni sapienza e reli-
gione. Attraverso la mediazione della cultura greca la passione per il mondo egizio passò a Roma per irradiarsi in tutto l’Occidente dando vita all’egittomania, dal Rinascimento all’Età dei Lumi.
Alcuni episodi salienti di questa fascinazione bimillenaria – basti pensare agli obelischi che ornano le principali piazze di Roma, alla presenza sul Campidoglio delle statue del Tevere e del Nilo, o alla Fontana dei Fiumi in piazza Navona – vengono ora narrati nella mostra intitolata “La Lupa e la Sfinge. Roma e l’Egitto dalla storia al mito”, ideata da Eugenio Lo Sardo e curata da Elisabetta Interdonato per la sezione archeologica, Manuela Gianandrea per il Medioevo e Rinascimento e Federica Papi per il Sei-Settecento (catalogo Electa). Sede della mostra è Castel Sant’Angelo e certo non si sarebbe potuta immaginare cornice migliore, visto che il castello sorge sui resti del Mausoleo di Adriano: il percorso espositivo si apre con alcune statue di Antinoo, il giovane amato da Adriano e morto tragicamente nelle acque del Nilo. Nella Villa di Tivoli l’imperatore fece ricostruire un braccio del delta del Nilo, il famoso Canopo, ornato di sculture di divinità egizie. Comunque la diffusione del culto di Iside è attestata a Ostia già nel II secolo a.C. e il mosaico di Palestrina, i cui soggetti nilotici ispireranno schiere d’artisti dal Rinascimento in poi, prova la precoce presenza di artigiani alessandrini a Roma.
Nel corso del Medioevo e del Rinascimento, come appare da alcuni splendidi volumi in mostra, l’interesse per l’Egitto si mantiene vivo soprattutto nei confronti della scrittura geroglifica. Papa Alessandro VI però si spinse al punto di sostenere la discendenza della sua famiglia, i Borgia, il cui animale araldico era un toro, dal mitico bue egizio Api, figura di Osiride, le cui storie, con quelle di Iside, fece affrescare da Pinturicchio negli appartamenti Vaticani. Il reperto forse più interessante sul culto di Iside e Osiride è però la Mensa Isiaca, anche nota come Tabula Bembina, una tavola d’altare in bronzo con agemine in argento e rame del I secolo d.C., ritrovata a Roma nel 1525 e appartenuta al cardinale Pietro Bembo (Torino, Museo Egizio). Nel Seicento è fondamentale a Roma la presenza del gesuita tedesco Athanasius Kircher, che dedicò molti volumi alla civiltà egizia, apprezzati dagli artisti del suo tempo. Tra questi Poussin, il cui quadro col “Riposo dalla fuga in Egitto”, proveniente dall’Ermitage di San Pietroburgo sarà in mostra dal 16 luglio.
Concludono idealmente l’itinerario espositivo le incisioni di Piranesi e il bando del 1791 che condanna Cagliostro, colpevole di aver fondato la massoneria di rito egizio.
Fino al 9/11, Castel Sant’Angelo. Info: 199.757511.
Dal martedì alla domenica: 9.00-19.00 (lunedì chiuso).

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