Montezuma non fu lapidato dai suoi ma ucciso dagli spagnoli
Corriere della Sera 9.4.09
Il British Museum rilegge documenti e reperti archeologici. A fine estate una grande esposizione
Montezuma non fu lapidato dai suoi ma ucciso dagli spagnoli
di Guido Santevecchi
I vincitori scrivono la storia e di solito, oltre al potere, cercano di togliere allo sconfitto anche la dignità. Nel 1520 gli avventurieri venuti dalla Spagna in cerca di nuove terre seguirono questo copione con Montezuma, l’imperatore azteco che li aveva accolti come inviati del cielo e fu ripagato con schiavitù, morte e disonore.
Secondo le cronache del tempo, Montezuma aprì le porte del suo dominio — che si estendeva dalle coste del Pacifico al Golfo del Messico — agli uomini guidati da Hernán Cortés e quando il suo popolo capì che i conquistadores erano arrivati solo per depredarli delle loro ricchezze e si ribellò, Montezuma cercò ancora di trovare un compromesso, ma finì lapidato dalla folla che assalì il palazzo di Tenochtitlan (l’attuale Città del Messico). Questa la storia ufficiale.
Ma ora il British Museum ha lanciato un’operazione per riabilitare l’imperatore. La revisione sostiene che Montezuma, divenuto ostaggio degli stranieri che aveva accolto come ospiti di riguardo, fu tenuto prigioniero e al momento opportuno assassinato con oro fuso colato in gola; poi Cortés ordinò ai suoi scrivani di fabbricare ad arte la versione della lapidazione per legittimare l’intervento «pacificatore» della potenza spagnola.
L’impero azteco cadde, travolgendo anche la reputazione di Montezuma, tanto che nel Messico moderno non c’è alcun monumento che lo ricordi. Il British Museum, che dedicherà al sovrano una mostra, ha trovato materiale a sostegno della sua teoria negli archivi dell’università di Glasgow e di Cuernavaca.
Si tratta in particolare di testi illustrati del XVII secolo che mostrano Montezuma con una corda al collo e in catene: la prova che l’imperatore non era un traditore asservito agli invasori ma un prigioniero.
Neil MacGregor, il direttore del British Museum, spiega che l’obiettivo di questa rivisitazione è di correggere la prospettiva «eurocentrica» della storia. Un segno di questa strategia culturale è nel titolo stesso della mostra che aprirà alla fine dell’estate a Londra: Moctezuma, Aztec ruler, non Montezuma, un cambio di grafia per adeguarla alla pronuncia azteca.
Oggetti, gioielli, una maschera turchese pagata come tributo all’impero dai popoli della regione raccontano la parabola di un sovrano che forse amava più la religione che la forza delle armi: Moctezuma aveva osservato una serie di portenti come comete visibili in pieno giorno che lo avevano illuso sull’imminente ritorno in terra del dio Quetsalcoatl. Ma Hernán Cortés non era un dio, solo un conquistatore e forse un inquinatore della storia.
Il British Museum rilegge documenti e reperti archeologici. A fine estate una grande esposizione
Montezuma non fu lapidato dai suoi ma ucciso dagli spagnoli
di Guido Santevecchi
I vincitori scrivono la storia e di solito, oltre al potere, cercano di togliere allo sconfitto anche la dignità. Nel 1520 gli avventurieri venuti dalla Spagna in cerca di nuove terre seguirono questo copione con Montezuma, l’imperatore azteco che li aveva accolti come inviati del cielo e fu ripagato con schiavitù, morte e disonore.
Secondo le cronache del tempo, Montezuma aprì le porte del suo dominio — che si estendeva dalle coste del Pacifico al Golfo del Messico — agli uomini guidati da Hernán Cortés e quando il suo popolo capì che i conquistadores erano arrivati solo per depredarli delle loro ricchezze e si ribellò, Montezuma cercò ancora di trovare un compromesso, ma finì lapidato dalla folla che assalì il palazzo di Tenochtitlan (l’attuale Città del Messico). Questa la storia ufficiale.
Ma ora il British Museum ha lanciato un’operazione per riabilitare l’imperatore. La revisione sostiene che Montezuma, divenuto ostaggio degli stranieri che aveva accolto come ospiti di riguardo, fu tenuto prigioniero e al momento opportuno assassinato con oro fuso colato in gola; poi Cortés ordinò ai suoi scrivani di fabbricare ad arte la versione della lapidazione per legittimare l’intervento «pacificatore» della potenza spagnola.
L’impero azteco cadde, travolgendo anche la reputazione di Montezuma, tanto che nel Messico moderno non c’è alcun monumento che lo ricordi. Il British Museum, che dedicherà al sovrano una mostra, ha trovato materiale a sostegno della sua teoria negli archivi dell’università di Glasgow e di Cuernavaca.
Si tratta in particolare di testi illustrati del XVII secolo che mostrano Montezuma con una corda al collo e in catene: la prova che l’imperatore non era un traditore asservito agli invasori ma un prigioniero.
Neil MacGregor, il direttore del British Museum, spiega che l’obiettivo di questa rivisitazione è di correggere la prospettiva «eurocentrica» della storia. Un segno di questa strategia culturale è nel titolo stesso della mostra che aprirà alla fine dell’estate a Londra: Moctezuma, Aztec ruler, non Montezuma, un cambio di grafia per adeguarla alla pronuncia azteca.
Oggetti, gioielli, una maschera turchese pagata come tributo all’impero dai popoli della regione raccontano la parabola di un sovrano che forse amava più la religione che la forza delle armi: Moctezuma aveva osservato una serie di portenti come comete visibili in pieno giorno che lo avevano illuso sull’imminente ritorno in terra del dio Quetsalcoatl. Ma Hernán Cortés non era un dio, solo un conquistatore e forse un inquinatore della storia.
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