Importante iscrizione emersa negli scavi di Hierapolis

Importante iscrizione emersa negli scavi di Hierapolis. Manasse si confessa
DI FRANCESCO D'ANDRIA
22/01/2006,. Il Sole 24 ore

"Anna, gel, dekorasyon var", così gli operai turchi richiamavano l'attenzione di Annapaola Zaccaria, dell'Università Cà Foscari di Venezia, direttrice di un'equipe al lavoro nell'insula 104, nell'ambito della Missione Archeologica italiana attiva a Hierapolis di Frigia. Era il 30 agosto dello scorso anno e gli archeologi erano occupati nei lavori di consolidamento e protezione dei muri venuti alla luce. Si era nelle fasi conclusive anche dello scavo di una piccola stanza (di m. 4x4), nascosta, anche perché il pavimento era a un livello inferiore rispetto alla strada. L'immediato intervento mostrò sulle pareti non le decorazioni viste dagli operai ma una serie di lettere greche dipinte, in rosso ed in porpora, sull'intonaco bianco delle pareti. Gli epigrafisti della Missione guidati da Tullia Ritti si mettevano subito al lavoro e trascrivevano un lungo testo che Remo Cacitti (Università di Milano) identificava come la Preghiera di Manasse, uno scritto apocrifo (non inserito nei testi canonici del Vecchio Testamento), di origine indubbiamente giudaica ma di largo utilizzo in ambienti giudeo-cristiani. D testo, tradotto poi in siriaco, armeno, paleoslavo, ma anche nella Vulgata latina fu inserito nelle odi di Salomone.

Il re Manasse si era macchiato del peccato di idolatria e, dopo la giusta punizione, era tornato alla fede di Jahvè. Il testo esprime con forza il pentimento: «... più peccati ho commesso della quantità della sabbia del mare ... E mi impedisce di sollevare il capo a causa dei miei peccati ... non condannarmi alle profondità della terra ...».

Con la campagna del 2005 l'iscrizione è stata consolidata e ciò ha permesso di completare e di precisarne la lettura; si è concluso anche lo scavo dell'ambiente, riconoscendovi un luogo di preghiera di carattere privato.
Questo fatto, insieme alla presenza di simboli cristiani, ha indotto gli scopritori a indicare l'edificio come "casa degli eretici".
Il periodo in cui l'abitazione fu usata, tra il V e il VI secolo d.C., rappresenta una fase di intensa vitalità e ricchezza per Hierapolis che diventa centro di un vivace dibattito teologico in cui prevalgono interpretazioni radicali del Cristianesimo che non di rado sconfinano in movimenti ereticali, come il montanismo, che veniva anche indicato come eresia frigia.

In questo ambiente si sviluppavano anche sette scismatiche che praticavano una radicale interpretazione del Cristianesimo, come gli "encratiti", detti anche continentes, per la severità dei costumi che prevedeva l'astensione dal matrimonio, dalle bevande alcoliche e dalla carne; perfino dall'eucarestia era bandito il consumo del vino. Inoltre il sacerdozio era attribuito agli eunuchi e alle donne che avevano il dono della profezia.


L'attività della Missione Archeologica Italiana in questi ultimi anni si sta concentrando sulle fasi di vita della città tra V e VI secolo d.C. e sta realizzando un progetto di valorizzazione della grande chiesa a pianta ottagonale, il Martyrion, costruito sulla tomba dell'apostolo Filippo che subì il martirio a Hierapolis. Posta su una collina a est, la chiesa domina la città bizantina e si apre, con una visione mozzafiato, sullo splendido paesaggio della valle del fiume Lykos e delle bianche formazioni di travertino che danno il nome al sito, in turco Pamukkale, "il castello del cotone", proprio perché il candore e la forma delle concrezioni calcaree richiamano il fiore di quella pianta.
Si apre così un nuovo capitolo di conoscenza della città cristiana nel V secolo d.C: mentre veniva costruito il Martyrìon a pianta ottagonale, si demoliva dalle fondamenta il tempio di Apollo, centro dell'oracolo, posto sulla faglia sismica e sulla grotta del Plutonion, che era considerata uno degli ingressi agli Inferi. Anche altri santuari famosi dell'Anatolia, come quello di Artemide a Efeso, in questo periodo vengono sistematicamente demoliti dai cristiani.

Ma il culto di Filippo riprende molti caratteri del culto oracolare: le sue figlie sono profetesse; F aghiasma, la fontana delle abluzioni posta all'ingresso della chiesa ottagonale ha la stessa forma del Plutonion; intorno alla chiesa sono costruite stanze per i pellegrini, prive di pavimento, a diretto contatto con la roccia per i riti di incubazione (i fedeli ricevevano in sogno la rivelazione del Santo). Ma la stessa figura di Filippo è collegata al tema del drago che emerge da una spaccatura della roccia (chasma ghes) provocata dal terremoto, e che viene ricacciato negli Inferi dall'intervento del Santo.
Hierapolis deve ancora rivelare i suoi tesori: proprio nell'ultimo giorno della campagna 2005, nella cattedrale di età giustinianea, è emerso un nuovo straordinario documento, un sigillo in piombo che menziona il vescovo Gregorio, metropolita di Hierapolis. Sul lato principale è rappresentata l'immagine di San Filippo con il nome iscritto in greco; e nella mano sinistra regge, come un atleta vincitore degli antichi agoni, la palma del martirio.

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