Il mare restituisce un'ancora nuragica

Il mare restituisce un'ancora nuragica
Andrea Piras
L'Unione Sarda 30/08/2009

Era poggiata su una pianoro di roccia a quindici metri di profondità. A individuarla, confusa tra gli altri grossi massi del fondale, l'occhio allenato di Davide Morelli, istruttore subacqueo e titolare del diving center del Chia laguna resort, impegnato l'altra mattina, nelle acque di Capo Teulada, in un'escursione con allievi e turisti appassionati d'immersione. Non era un semplice masso, era ben altro. Un manufatto antico che gli archeologi della Soprintendenza di Cagliari, lunedì mattina, hanno riportato in superficie dopo aver esaminato a fondo l'area della scoperta. LA CERTEZZA. Nessun dubbio. Quel sasso di forma triangolare con gli angoli smussati e arrotondati, e con un foro di una ventina di centimetri di diametro ricavato nella parte superiore, altro non era che un'ancora litica dell'eta del Bronzo, simile ad altre rinvenute all'Isola Rossa, alla fine degli anni ottanta dal Centro subacqueo cagliaritano. Ma anche anni addietro nella baia di Sant'Efisio a Nora. IL RACCONTO. «Era alquanto nascosta nella piana rocciosa e le concrezioni la rendevano ancora di più confusa tra gli altri sassi. L'ho osservata con maggiore attenzione e non ho avuto più dubbi», racconta Morelli, 39 anni, istruttore Cmas, dal 2006 a Chia ma per tredici anni impegnato in un diving di Portu Maga. Una lunga esperienza di mare e immersioni che l'ha portato a instaurare rapporti sempre più stretti con la Soprintendenza archeologica di Cagliari e Oristano. Così l'altra mattina, una volta rientrato a terra, la telefonata per denunciare il rinvenimento. A Teulada sono arrivati gli archeologi Ignazio Sanna, Silvia Panni e Eugenio Masala. La zona è stata prima sottoposta a indagine per verificare che non esistessero altre emergenze archeologiche, poi si è deciso per il recupero. Imbragata con una rete e legata a un pallone di sollevamento, è stata issata in superficie e caricata a bordo di un'imbarcazione per essere trasferita a terra. Peso approssimativo, settanta-ottanta chili. Anche se saranno adesso i tecnici ad esaminarla a fondo. «Quello in cui è stata ritrovata l'ancora è un mare importante dal punto di vista archeologico, un tratto di costa che concede ripari provvisori per le imbarcazioni di diverse dimensioni e di ogni epoca. Si tratta di un'ancora con un solo foro di epoca preistorica, pietra d'ormeggio simile a quelle rinvenute sul famoso relitto Uluburun del XIV secolo avanti Cristo e naufragato sulle coste della Turchia meridionale», spiega l'archeologo Ignazio Sanna. Simile anche all'ancora recuperata recentemente dallo stosso Sanna o dal sommozzatoro professionista Michele Putzu nel porto di Cagliari. «A Su Siccu, in quella zona dove, prima della costruzione del porto, la linea di costa formava una calotta», spiega l'archeologo subacqueo della Soprintendenza. LO STUDIOSO. «Questi manufatti in pietra per lungo tempo sono stati in qualche modo considerati come oggetti di second'ordino, anche per la difficoltà a datarli con certezza. Adesso si sta rivalutando la loro importanza. La ricerca consente di abbinarle a periodi precisi, di sicuro venivano utilizzate prima del sesto secolo, periodo in cui si fa risalire l'invenzione dell'ancora vera e propria che naturalmente dava una maggiore sicureza durante l'ormeggio. E comunque fondamentale in caso di avvistamento, che non vengano spostate. Perché la loro posizione, lo stesso orientamento con cui sono poggiate sul fondale, danno agli archeologi elementi importanti. Per esempio ci dice come erano sistemate le cime».

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