La principessa dall'ascia di piombo. Nell'agro sarnese scoperte quasi 50 tombe risalenti a circa tremila anni fa
La principessa dall'ascia di piombo. Nell'agro sarnese scoperte quasi 50 tombe risalenti a circa tremila anni fa
Carlo Avvisati
Il Mattino, 24 aprile 2006
Trovati i resti e il corredo di una donna altolocata
LA SEPPELLIRONO con quanto di più prezioso aveva avuto in vita: un cinturone di bronzo, bracciali dello stesso materiale, collane, anelli e vasi in ceramica. E perché fosse ben chiaro che si trattava di una donna, le misero accanto anche pesi da telaio e un'ascia di piombo. Li hanno rinvenuti così, tremila anni dopo, alla periferia di San Valentino Torio, i resti di quella che in vita dovette essere una principessa - o, quanto meno, una persona di rango elevato, considerato il corredo tombale - gli archeologi della Soprintendenza Archeologica di Salerno. Lo scheletro era tumulato in una sepoltura a fossa ed è stato intercettato durante i lavori di scavo fatti per riportare alla luce quanto rimaneva di due necropoli, antiche di 30 secoli. I cimiteri individuati? Ricchi di quasi cinquanta tombe. Sono distanti tra loro duecento metri e sì trovano in corrispondenza del terrapieno della superstrada che collega le cittadine di San Marza-no e Sarno, proprio di fronte al moderno camposanto di San Valentino.
Nella prima area sono diciassette le sepolture ritrovate. Le tombe - nelle quali il corpo del defunto veniva seppellito nella nuda terra - dette «a fossa», sono databili tra la seconda metà del nono e la prima metà del sesto secolo avanti Cristo, ovvero tra le Età del Ferro e la sottofase conosciuta come «Orientalizzante».
Le sepolture si trovano a circa mezzo metro dal piano di campagna, risultano scavate a una profondità di quasi settanta centime-tri e sono orientate secondo un asse Nord Ovest-Sud Est, così come tutte le altre tumulazioni risalenti a quell'epoca ritrovate nell'area. In genere si tratta sepolture semplici e senza circolo funerario attorno, anche se in alcuni casi non mancano segnali di cerchi fatti con pietre di calcare del Sarno.
Al loro interno gli archeologi, coordinati da Laura Rota, responsabile, dell'area nocerino-sarnese, oltre ai materiali rinvenuti nella tomba della «principessa» hanno trovato corredi funerari ricchi di armille; tazze e vasi d'impasto, levigati o con incisioni; bracciali; anelli; collarine impreziosite con elementi in pasta vitrea colorata; coltelli e utensili, per centinaia di reperti. Per comprendere quanto elevato possa essere il numero di pezzi rinvenuti in una necropoli di tale genere basti pensare che in una unica sepoltura di questo periodo si possono rinvenire dai dieci a oltre cento reperti, più o meno preziosi, se s'intende il termine «prezioso» come indicativo di metalli usati quale ornamento per la persona o destinati a far identificare nel proprietario un elemento di spicco della famiglia o dell'insediamento abitativo. Identici i ritrovamenti effettuati nell'altra necropoli, ricca di trenta tombe, e risalente secondo le stime allo stesso periodo storico.
Nel complesso, le ceramiche poste a corredo delle tombe sono di produzione locale e senza
alcuna decorazione. Altre, quelle che erano fratto degli scambi commerciali con le colonie greche (Pithecusa-Ischia e Cuma) della Campania, sono decorate invece con segni geometrici ca-ratteristìci di quelle manifatture. Ancora una volta, quindi, si confermano contatti, frequentazioni e commerci tra gli abitanti dell'entroterra dell'area sarnese con i coloni greci del golfo. Le due necropoli, che portano a circa duemila i rinvenimenti di tombe - escludendo i ritrovamenti ottocenteschi, le prime furono scavate alla fine degli anni Sessanta da Bruno D'Agostino, archeologo e direttore del dipartimento del mondo classico e del Mediterranee antico all'Università «L'Orientale» di Napoli - e permettono di aggiungere altre tessere al mosaico, piuttosto complesso, dì quello che in antico dovette essere l'aspetto del bacino d'utenza di una comunità certamente numerosa e che trenta secoli fa punteggiava il territorio del Samo con ben quattordici villaggi, disposti di qua e di là dal fiume.
Tra le altre, le aree d'interro, leggermente sopraelevate, potrebbero essere i cimiteri delle popolazioni che abitarono sia l'insediamento fluviale di Longola a Poggiomarino che il territorio limitrofo. «Una ipotesi di ricerca quest'ultima - spiega Rota - abbastanza attendibile ma che ha bisogno ancora di riscontri e conferme scientifiche».
Carlo Avvisati
Il Mattino, 24 aprile 2006
Trovati i resti e il corredo di una donna altolocata
LA SEPPELLIRONO con quanto di più prezioso aveva avuto in vita: un cinturone di bronzo, bracciali dello stesso materiale, collane, anelli e vasi in ceramica. E perché fosse ben chiaro che si trattava di una donna, le misero accanto anche pesi da telaio e un'ascia di piombo. Li hanno rinvenuti così, tremila anni dopo, alla periferia di San Valentino Torio, i resti di quella che in vita dovette essere una principessa - o, quanto meno, una persona di rango elevato, considerato il corredo tombale - gli archeologi della Soprintendenza Archeologica di Salerno. Lo scheletro era tumulato in una sepoltura a fossa ed è stato intercettato durante i lavori di scavo fatti per riportare alla luce quanto rimaneva di due necropoli, antiche di 30 secoli. I cimiteri individuati? Ricchi di quasi cinquanta tombe. Sono distanti tra loro duecento metri e sì trovano in corrispondenza del terrapieno della superstrada che collega le cittadine di San Marza-no e Sarno, proprio di fronte al moderno camposanto di San Valentino.
Nella prima area sono diciassette le sepolture ritrovate. Le tombe - nelle quali il corpo del defunto veniva seppellito nella nuda terra - dette «a fossa», sono databili tra la seconda metà del nono e la prima metà del sesto secolo avanti Cristo, ovvero tra le Età del Ferro e la sottofase conosciuta come «Orientalizzante».
Le sepolture si trovano a circa mezzo metro dal piano di campagna, risultano scavate a una profondità di quasi settanta centime-tri e sono orientate secondo un asse Nord Ovest-Sud Est, così come tutte le altre tumulazioni risalenti a quell'epoca ritrovate nell'area. In genere si tratta sepolture semplici e senza circolo funerario attorno, anche se in alcuni casi non mancano segnali di cerchi fatti con pietre di calcare del Sarno.
Al loro interno gli archeologi, coordinati da Laura Rota, responsabile, dell'area nocerino-sarnese, oltre ai materiali rinvenuti nella tomba della «principessa» hanno trovato corredi funerari ricchi di armille; tazze e vasi d'impasto, levigati o con incisioni; bracciali; anelli; collarine impreziosite con elementi in pasta vitrea colorata; coltelli e utensili, per centinaia di reperti. Per comprendere quanto elevato possa essere il numero di pezzi rinvenuti in una necropoli di tale genere basti pensare che in una unica sepoltura di questo periodo si possono rinvenire dai dieci a oltre cento reperti, più o meno preziosi, se s'intende il termine «prezioso» come indicativo di metalli usati quale ornamento per la persona o destinati a far identificare nel proprietario un elemento di spicco della famiglia o dell'insediamento abitativo. Identici i ritrovamenti effettuati nell'altra necropoli, ricca di trenta tombe, e risalente secondo le stime allo stesso periodo storico.
Nel complesso, le ceramiche poste a corredo delle tombe sono di produzione locale e senza
alcuna decorazione. Altre, quelle che erano fratto degli scambi commerciali con le colonie greche (Pithecusa-Ischia e Cuma) della Campania, sono decorate invece con segni geometrici ca-ratteristìci di quelle manifatture. Ancora una volta, quindi, si confermano contatti, frequentazioni e commerci tra gli abitanti dell'entroterra dell'area sarnese con i coloni greci del golfo. Le due necropoli, che portano a circa duemila i rinvenimenti di tombe - escludendo i ritrovamenti ottocenteschi, le prime furono scavate alla fine degli anni Sessanta da Bruno D'Agostino, archeologo e direttore del dipartimento del mondo classico e del Mediterranee antico all'Università «L'Orientale» di Napoli - e permettono di aggiungere altre tessere al mosaico, piuttosto complesso, dì quello che in antico dovette essere l'aspetto del bacino d'utenza di una comunità certamente numerosa e che trenta secoli fa punteggiava il territorio del Samo con ben quattordici villaggi, disposti di qua e di là dal fiume.
Tra le altre, le aree d'interro, leggermente sopraelevate, potrebbero essere i cimiteri delle popolazioni che abitarono sia l'insediamento fluviale di Longola a Poggiomarino che il territorio limitrofo. «Una ipotesi di ricerca quest'ultima - spiega Rota - abbastanza attendibile ma che ha bisogno ancora di riscontri e conferme scientifiche».
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