Trovato un relitto dei IV secolo sui fondali al largo dell'antica Eloro
Trovato un relitto dei IV secolo sui fondali al largo dell'antica Eloro
Simonetta Trovato
Giornale di Sicilia 10/8/2009
Durante una campagna di rilievi nell'intera area del Plemmirio per l'ampliamento del porto di Siracusa
Almeno otto le anfore custodite nella nave. La speranza di trovare la «triremi» di Atene
Fondamentali i rilevamenti col sonar che a volte, però, s'imbatte in qualcosa di pi recente (ad esempio, le reti in ferro antisommergibili della seconda guerra mondiale).
SIRACUSA. Il sommozzatore sbuca dall'acqua, alza la mano, indice e pollice chiusi a cerchio: okay, il relitto è sotto, possono immergersi fotografi subacquei e cineoperatori, pronti a documentare anfore, legni, scafi sommersi. Questa volta si tratta di un bel reperto, scoperto da Ninni Di Grazia, della Polizia di Stato che collabora con la Soprintendenza del Mare: al largo dell'antica Eloro, nella zona di Avola, è stato individuato un relitto del IV secolo, sommerso dalla sabbia del fondale, a poco pi di una quarantina di metri sotto il livello del mare. E già si notano almeno otto anfore greco-italiche, e nei prossimi giorni si procederà a rilevamenti pi mirati. Comunque questa è soltanto l'ultima di una serie di scoperte lungo il perimetro siciliano: dalla collaborazione della Soprintendenza del Mare con la siracusana associazione Trireme, con la Metal sub, l'Istituto Nautico, la Lega Navale e la Guardia Costiera, sono nati diversi rilevamenti sottacqua, parte di un più ampio progetto di rilievi sull'intera area del Plemmirio, in vista dell'ampliamento del porto di Siracusa, candidato per accogliere i «giganti del mare», ovvero le navi da crociera. In questo caso, come spiegano il soprintendente del mare, Sebastiano Tusa e l’archeologo Nicolà Bruno, a capo del progetto, la Regione ha un compito di controllo e tutela. «Non dobbiamo necessariamente rispondere no ad ogni richiesta dei privati - dicono i due esperti - piuttosto collaborare per evitare di toccare reperti importanti». Finora i rilevamenti hanno passato a setaccio la zona del porto, per verificare se il sonar segnali testimonianze archeologiche oppure s'imbatta in qualcosa di più recente e di meno prezioso (non sono rare, ad esempio, le reti in ferro antisommergibili della seconda guerra mondiale). La speranza (degli studiosi ma anche dei tecnici) è di individuare la famosa e velocissima triremi greca di cui racconta Tucidide, colata a picco durante la spedizione ateniese contro Siracusa. «Investiremo nelle ricerche archeologiche subacquee per scoprire e valorizzare i tesori che ancora si trovano nei fondali marini - promette l'assessore ai Beni Culturali Nicola Leanza -. Il valore dei beni ritrovati arricchisce il nostro già vasto patrimonio culturale e testimonia che la Sicilia è un immenso giacimento di reperti che attendono di essere riportati alla luce. Ancora una volta il lavoro di Sebastiano Tusa è riconosciuto a livello internazionale e lo provano le collaborazioni sul campo». Leanza si riferisce di certo all'Aurora Trust foundation, organismo della Florida che in questi giorni, da uno yacht immenso (sotto la guida dei direttori Tan Koblick e Craig Mullen), sta scandagliando i fondali con un sonar Rou e una telecamera teleguidata ad altissima definizione, in maniera tale da «mappare» la zona. Lo stesso strumento viene utilizzato per studiare tutta la zona intorno alle isole Eolie, soprattutto Panarea. «Si tratta di una scansione a 250 metri di profondità che passa a tappeto tutto il fondale, dividendolo in sezioni - spiega l'archeologo Timmy Gambin -. Se individuiamo qualcosa, controlliamo in maniera più approfondita». Finora sono stati individuati, a sud di Panarea, due relitti intatti e ben preservati, uno dei quali con diverse anfore.
Simonetta Trovato
Giornale di Sicilia 10/8/2009
Durante una campagna di rilievi nell'intera area del Plemmirio per l'ampliamento del porto di Siracusa
Almeno otto le anfore custodite nella nave. La speranza di trovare la «triremi» di Atene
Fondamentali i rilevamenti col sonar che a volte, però, s'imbatte in qualcosa di pi recente (ad esempio, le reti in ferro antisommergibili della seconda guerra mondiale).
SIRACUSA. Il sommozzatore sbuca dall'acqua, alza la mano, indice e pollice chiusi a cerchio: okay, il relitto è sotto, possono immergersi fotografi subacquei e cineoperatori, pronti a documentare anfore, legni, scafi sommersi. Questa volta si tratta di un bel reperto, scoperto da Ninni Di Grazia, della Polizia di Stato che collabora con la Soprintendenza del Mare: al largo dell'antica Eloro, nella zona di Avola, è stato individuato un relitto del IV secolo, sommerso dalla sabbia del fondale, a poco pi di una quarantina di metri sotto il livello del mare. E già si notano almeno otto anfore greco-italiche, e nei prossimi giorni si procederà a rilevamenti pi mirati. Comunque questa è soltanto l'ultima di una serie di scoperte lungo il perimetro siciliano: dalla collaborazione della Soprintendenza del Mare con la siracusana associazione Trireme, con la Metal sub, l'Istituto Nautico, la Lega Navale e la Guardia Costiera, sono nati diversi rilevamenti sottacqua, parte di un più ampio progetto di rilievi sull'intera area del Plemmirio, in vista dell'ampliamento del porto di Siracusa, candidato per accogliere i «giganti del mare», ovvero le navi da crociera. In questo caso, come spiegano il soprintendente del mare, Sebastiano Tusa e l’archeologo Nicolà Bruno, a capo del progetto, la Regione ha un compito di controllo e tutela. «Non dobbiamo necessariamente rispondere no ad ogni richiesta dei privati - dicono i due esperti - piuttosto collaborare per evitare di toccare reperti importanti». Finora i rilevamenti hanno passato a setaccio la zona del porto, per verificare se il sonar segnali testimonianze archeologiche oppure s'imbatta in qualcosa di più recente e di meno prezioso (non sono rare, ad esempio, le reti in ferro antisommergibili della seconda guerra mondiale). La speranza (degli studiosi ma anche dei tecnici) è di individuare la famosa e velocissima triremi greca di cui racconta Tucidide, colata a picco durante la spedizione ateniese contro Siracusa. «Investiremo nelle ricerche archeologiche subacquee per scoprire e valorizzare i tesori che ancora si trovano nei fondali marini - promette l'assessore ai Beni Culturali Nicola Leanza -. Il valore dei beni ritrovati arricchisce il nostro già vasto patrimonio culturale e testimonia che la Sicilia è un immenso giacimento di reperti che attendono di essere riportati alla luce. Ancora una volta il lavoro di Sebastiano Tusa è riconosciuto a livello internazionale e lo provano le collaborazioni sul campo». Leanza si riferisce di certo all'Aurora Trust foundation, organismo della Florida che in questi giorni, da uno yacht immenso (sotto la guida dei direttori Tan Koblick e Craig Mullen), sta scandagliando i fondali con un sonar Rou e una telecamera teleguidata ad altissima definizione, in maniera tale da «mappare» la zona. Lo stesso strumento viene utilizzato per studiare tutta la zona intorno alle isole Eolie, soprattutto Panarea. «Si tratta di una scansione a 250 metri di profondità che passa a tappeto tutto il fondale, dividendolo in sezioni - spiega l'archeologo Timmy Gambin -. Se individuiamo qualcosa, controlliamo in maniera più approfondita». Finora sono stati individuati, a sud di Panarea, due relitti intatti e ben preservati, uno dei quali con diverse anfore.
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